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Modeste Schwartz

Ben noto ai servizi di polizia politica di diversi Stati cosiddetti democratici di questa Unione che si pretende Europea, Modeste Schwartz ha come unica attività sovversiva, per lo meno in attivo, il destreggiarsi con la penna.

Studioso di Martin Heidegger attraverso la lente di Theodore Kaczynski e Guy Debord, con il filtro di Alexander Dugin, non vanta appartenenze ad alcuna scuola conosciuta, né milita in nessuna setta, né frequenta un qualsivoglia salotto, tantomeno approfitta della sua marginalità per innervosire la nuova destra, alla pari della vecchia sinistra. Vive praticando un pericoloso esercizio, forse il più arduo nel quale ci si può trovare immischiati in queste rovine della Galassia Gutenberg: chiamare un gatto un gatto, senza doverlo giustificare al “servizio della verità” o di altre magniloquenze nietzscheane in uso presso i tardo adolescenti.

«L’unico vero reazionario dei nostri tempi» – così si autodefinisce Modeste – è «proveniente dal mondo della sinistra» – cioè da nessuna parte – e si dichiara pronto a tornarci senza alcun rancore, lasciando ai posteri l’eredità di qualche astio, più tenace che reciproco, oltre ad un’opera poetica inedita, di cui il presente scritto è da considerarsi un po’ come un commentario in prosa.

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