Adriano Romualdi ha rappresentato, per svariate generazioni, la figura dell’intellettuale militante in lotta contro il suo tempo. Morto giovane, come gli eroi prediletti dagli dèi, il suo linguaggio era forte, i suoi concetti liberi e le sue parole un continuo richiamo: riunire idee ed energie per impegnare la buona battaglia, sempre e in qualunque condizione.
In un’epoca in cui l’Europa era già stata gettata sul piano inclinato della dissoluzione, seppe tracciare linee guida semplici e potenti, con obiettivi luminosi da additare a chi avesse cuore e tenacia: innanzi a tutti, l’Europa-Nazione, il grande mito di una rinascita europea da invocare e attuare ad ogni costo, così da rendere vana l’antica congiura che ne decretò la rovina.
Si crea in questo modo il presupposto per la conformazione di nuove categorie: la destra rivoluzionaria diventa l’agile meccanismo – mentale e culturale, prima ancora che politico – col quale aprirsi la strada verso panoramiche visuali sui mondi rinnovati del socialismo e del nazionalismo: due soli da riaccendere per illuminare la strada dell’uomo europeo.
Attraverso l’indagine dei maggiori interessi politici e culturali che impegnarono Romualdi – la rivoluzione conservatrice tedesca come matrice di idealità europee, il Fascismo come forza ideale politica e metapolitica, la primordialità indoeuropea come mito dell’etnogenesi – e attraverso i tre spiriti-guida che lo ebbero quale allievo privilegiato – Platone, Nietzsche, Evola – noi possiamo comprendere la vastità del campo sul quale impegnare la nuova lotta.
Sulle tracce di Romualdi, il rivoluzionario-conservatore del nuovo Millennio ricrea l’ideologia solare del futuro cesellando i nuovi simboli su quelli arcaici, ed imbocca la via aurea della rivincita del pensiero mitico sui detriti dell’oscurantismo razionalista, della massificazione ugualitaria, del pregiudizio cosmopolita.